L’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti derivanti da sovrafatturazione o, per lavori realizzati anche solo in parte, espone le imprese a “rischi penali”. La situazione si aggrava se vengono indebitamente compensati crediti di imposta non spettati o inesistenti superiori ad € 50.000.
Negli ultimi anni, e soprattutto con l’introduzione del Superbonus 110% (e relativa facoltà di cessione del credito), si sta avendo una vera è propria “corsa al credito”. Il sistema indubbiamente si presta a facili comportamenti fraudolenti e le recenti novità normative ne hanno perlopiù limitato la circolazione (si veda il decreto Ristori ter).
Bonifico parlante – come non perdere le detrazioni in caso di bonifico errato
Tralasciando le responsabilità dei tecnici attestatori, anche le imprese possono essere penalmente responsabili per gli eventuali comportamenti “fraudolenti” adottati. Tali responsabilità dipendono soprattutto dall’effettività delle opere realizzate e fatturate.
Il fenomeno viene definito come “fatturazione di operazioni inesistenti”. L’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti può comportare pesanti conseguenze penali tributarie. Anche se il concetto di “operazioni inesistenti” rappresenta un ossimoro, nel linguaggio giuridico ci si riferisce a delle “operazioni commerciali fraudolente poste in essere dai contribuenti allo scopo di sottrarre materia imponibile ai danni dell’erario”.
L’art. 1 del D.Lgs 74/2000 prevede che per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”
Quindi, l’inesistenza si realizza non solo quando un’operazione non viene mai posta in essere, ma anche se eseguita solo in parte. Nel primo caso si ha inesistenza assoluta, nel secondo, l’inesistenza è detta parziale.
Escludendo il caso limite di fatturazione di lavori non svolti (inesistenza assoluta), le situazioni maggiormente ipotizzabili sono riassumibili sostanzialmente in due:
- sovrafatturazione dei lavori;
- fatturazione di lavori solo in parte eseguiti.
Appare utile premettere che nell’ipotesi delittuosa di fatture per operazioni inesistenti, a differenza di altre ipotesi di reati fiscali, non è prevista una soglia minima. Banalmente, è sufficiente anche un solo euro.
L’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indicati nella dichiarazioni comporta la reclusione da quattro a otto anni. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Consentire a terzi il riconoscimento di un credito di imposta inesistente
Appare utile riportare che anche nel caso in cui l’impresa proceda ad emettere fatture o altri documenti tali da consentire a terzi il riconoscimento di un credito di imposta inesistente, ciò si traduce ugualmente in ipotesi di reato. Difatti, l’art. 8 D.Lgs. 74/2000 rubricato Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti prevede che “È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”
Il “fine di evadere le imposte” e il “fine di consentire a terzi l’evasione” si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, e del fine di consentirli a terzi (art.1 lettera d) D.Lgs 74/2000).
Reato di indebita compensazione
Date le modalità di utilizzo del superbonus, ma questo vale per tutte le agevolazioni consistenti in crediti di imposta (a titolo esemplificativo: credito di imposta mezzogiorno, investimenti 4.0, formazione 4.0, ecc.), può determinare il realizzarsi della consumazione del reato per indebita compensazione.
Ad esempio: l’impresa che effettua lo sconto in fattura e successivamente utilizza il credito di imposta in compensazione. Qualora questi crediti dovessero essere ritenuti non spettanti o addirittura non esistenti la compensazione sarà penalmente rilevante superata la soglia dei 50.000 euro (art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000).
Pene accessorie
La condanna per reati tributari comporta anche ulteriori pene accessorie:
- l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
- l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
- l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria;
- l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria;
Fonti:
Rebecca Amato, Le operazioni inesistenti: profili tributari e penali, Edizione Ad Maiora
Laura Ambrosi, Crediti inesistenti e non spettanti, distinzione e sanzioni, IlSole24Ore